Dopo venticinque anni di calcio fatto di passione, comunità e valori, l’USD S. Agata saluta i campionati FIGC. Una lettera che è più di un addio: è un grido d’amore per uno sport che sta perdendo la sua anima.
“In un mondo che corre verso il professionismo esasperato, chi decide di restare umano sembra antiquato. Eppure, è proprio lì che risiede il coraggio più autentico.” – Gianni Mura
Nel silenzio che segue il fischio finale di una stagione, certe parole rimbombano più forti di un boato da stadio. La lettera dell’USD S. Agata non è un semplice comunicato: è il racconto amaro, ma fiero, di chi ha combattuto per anni una battaglia silenziosa contro la demotivazione del vero spirito del calcio dilettantistico. È la chiusura di un cerchio cominciato venticinque anni fa, in un campo dove il prato spesso era più fango che erba, ma dove si respirava un’aria che oggi sembra appartenere a un altro tempo: quella della dedizione, della collettività, della gratuità.
Non ci sono lamenti, solo consapevolezza. Si legge tra le righe il dolore di chi ha dato tutto senza chiedere nulla, e che ora si trova costretto a fermarsi non per una sconfitta sul campo, ma per la resa della realtà. Una realtà che preferisce le promesse di rimborsi (a volte non mantenute) ai piccoli gesti quotidiani, come il massaggiatore sempre disponibile, la palestra improvvisata ma funzionale, o il materiale lavato a ogni allenamento. Qui c’è un cuore che batte.
Il calcio, a S. Agata, è sempre stato questo: un patto morale più che un progetto sportivo. Nessuna retribuzione, solo la voglia di stare insieme, di crescere, di crederci. E proprio per questo, la scelta di ritirarsi – per fortuna almeno temporaneamente – non è una sconfitta. È un atto di resistenza.
Certo, pesa leggere che solo cinque ragazzi abbiano scelto di restare. Fa male sapere che molti hanno preferito altri lidi, persino in categorie inferiori, in cambio di pochi spiccioli o di vane promesse. Legittimo. Ma chi ha mai detto che la fedeltà è di moda? In un sistema che misura il valore in euro e la passione in like, essere coerenti è diventato un atto rivoluzionario.
Il colpo finale arriva quando si parla della struttura: container arrugginiti, baracche che raccontano l’archeologia dell’abbandono. È lì che muore una parte del sogno. Non solo per l’estetica, ma perché quei luoghi, nonostante tutto, erano rifugi di speranza, laboratori di socialità, campi di battaglia dove si insegnavano il rispetto e il sacrificio.
“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo.” scriveva Pier Paolo Pasolini. Ma cosa resta di sacro, oggi, in un calcio che baratta la passione con le monetine? Non giriamoci intorno.
Il S. Agata lascia, per ora, la scena della Seconda Categoria, ma non lascia il cuore. La squadra amatori continuerà a portare in alto il nome del paese. E forse, come si legge nella chiusa della lettera, questo sarà solo un anno sabbatico. Forse, tra un po’, li rivedremo tornare, dalla Terza, con gli stessi principi incrollabili.
Ma oggi, chi ama davvero questo sport, deve fermarsi un momento. E leggere. Non solo per rispetto, ma per capire che il calcio vero è anche – e soprattutto – quello che non si vede in TV. Quello che vive tra le pieghe di un campo sbrecciato, nei cori sgangherati di pochi tifosi, nel silenzio dignitoso di chi dice addio senza alzare la voce.
AD MAIORA SEMPER, scrivono alla fine.
E io rispondo: a voi, che siete rimasti veri, grazie.
La lettera della società
Tutte le storie, anche quelle belle, iniziano e finiscono e quest’anno, dopo un racconto lungo un quarto di secolo, termina quella dell’USD S. Agata nelle categorie FIGC, almeno per questa stagione.
Purtroppo, dopo essere riusciti ad ottenere una meritata salvezza sul campo, la rosa della squadra si è ridotta ai minimi storici, tra ritiri dall’attività e ragazzi che hanno preferito, senza tanti scrupoli, andare a giocare per altre compagini, anche in categorie inferiori.
Fin dalla nascita, il S. Agata si è contraddistinto per una specifica filosofia: a S. Agata si GIOCA A CALCIO, quindi non sono previsti rimborsi economici per i calciatori se non per la visita medica.
Questo però non vuol dire non prendersi cura dei giocatori perché, cerchiamo di non far mancare niente. Dal massaggiatore sempre disponibile, con qualche strumento per la riabilitazione, ad una piccola palestra molto funzionale, fino a lavaggio di tutto il materiale dall’allenamento alla partita.
Questo ha reso la nostra società autosufficiente e senza problemi di indebitamenti, una mosca bianca nel panorama calcistico italiano.
Purtroppo, questa è anche la vera ragione che ci impedisce quest’anno di poter proseguire con l’attività FIGC: solo 5 nuovi ragazzi, a cui rinnoviamo i complimenti per la loro personale etica sportiva, avrebbero sposato in pieno la nostra causa.
Viviamo in un sistema in cui la prima cosa che conta per le società sportive è dare un rimborso ai giocatori e chi lo dà più alto, pensa di avere più possibilità di vincere. Anzi, molto più spesso chi lo PROMETTE più alto vince. Darlo, poi, è un’altra cosa…
S. Agata poi è un paese piccolo, la società è piccola e con poca manodopera, ne siamo ben consapevoli, ma dispiace dover considerare che uno dei fattori cruciali che non contribuisce a creare appeal verso i giovani è sicuramente lo stato di decadimento della struttura, che si basa su container degli ex cantieri Cavet, quindi baracche di oltre 30 anni usurate, ammuffite e rattoppate.
Il CALCIO, ai nostri livelli, è un’attività che merita sicuramente più rispetto.
È un GIOCO che dovrebbe avere come scopo il divertimento e non il lucro.
È un’ATTIVITÁ SOCIALE che permette ai giovani di fare sport all’aria aperta e ai loro tifosi di passare pomeriggi di socialità sana (perlomeno la maggior parte delle volte…).
Qui muore tutto questo. Muore il divertimento e l’impegno sociale portato avanti sempre con passione e, soprattutto, rispetto reciproco.
Muore, almeno per adesso e per quanto riguarda la prima squadra di seconda categoria: resta ovviamente in piedi la categoria amatori a tenere alto l’onore del paese.
Forse questo sarà solo un anno sabbatico e, se l’USD S. Agata dovesse poi ripartire dalla terza categoria, lo farà sempre con i propri solidi principi.
AD MAIORA SEMPER