Il recente passaggio di Roger De Vlaeminck da Gaiole per l’Eroica e la riconsegna della targa per la vittoria della Roubaix del 1974 da parte della Brooklyn (azienda famosa per le gomme da masticare e sponsor di una squadra ciclistica tra gli anni ’70-’80) mi ha incuriosito.
Siamo abituati a vedere il vincitore alzare un pesante blocco di porfido sul podio del velodromo francese.
Diamo questo gesto quasi per scontato, come se fosse sempre stato così, ma non lo è affatto.
La prima volta, nella storia ormai più che centenaria di questa classica Monumento, in cui al vincitore viene consegnato come trofeo un blocchetto di pavé è il 1977. Solo dal 1977.
La corsa quell’anno fu conquistata, neanche a farlo a posta, dallo stesso De Vlaeminck (la sua quarta e ultima).
un cambiamento non da poco, ma è frutto di un passaggio storico nella gestione della competizione.
Quell’anno infatti nasce l’associazione Amis de la Paris-Roubaix, che si occupa del recupero, della salvaguardia e del restauro del pavé. Ancora oggi, a distanza di quasi 50 anni, dobbiamo dire grazie a questa Associazione (una sorta di NUVI alla francese) se il giorno di Pasqua possiamo goderci i sobbalzi delle biciclette dei corridori comodamente affossati nel divano.
Tecnicamente il restauro avviene a opera dei ragazzi di un istituto agrario, a cui la settimana prima della corsa si aggiungono le caprette che brucano l’erba che cresce tra una pietra e l’altra per ripulire il tratturo.
«Il trofeo del vincitore deve rispondere ad alcune caratteristiche: non deve pesare più di 12 kg, cui si sommano gli 8 del basamento, deve essere originale e non può essere assolutamente copiato. La Marbrerie Slosse, che lo lavora e lo realizza, non può in nessun modo produrre un fac simile del mitico pietrone. Il principio, e varrà sempre, è questo: il trofeo della Roubaix si guadagna sulla strada, non si compra e non si potrà mai comprare», scrive Cosimo Cito su Repubblica del 2017.
Marco Pasquini
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